Anche in materia di buoni pasto, c’è una differenziazione da segnalare tra i vari lavoratori. In questo caso, vedremo a chi spettano i buoni pasti per chi lavora in smart working.
Questi ultimi anni hanno rivoluzionato, in un certo senso, il mondo del lavoro. A causa della pandemia, molti hanno continuato la loro attività da casa. Una soluzione che ha diviso ma che ancora oggi è in vigore. Proprio in riferimento al lavoro a distanza si parla della concessione dei buoni pasti. Questi non sono possibili per tutti i lavoratori.
Il diritto ai buoni pasto non è possibile a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. C’è una netta distinzione che è stata fatta dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Tale divisione è stata fatta mettendo da un lato chi svolge lavoro in smart working e chi, invece, svolge il cosiddetto lavoro agile. Vediamo, quindi, nel dettaglio a chi spettano i buoni pasto.
L’Aran ha lavorato per dare una chiave di lettura che ponga tutti i dubbi in merito ai buoni pasto per i lavoratori pubblici in smart working. Quello che è certo è che chi lavora da casa non ha il diritto automatico ai buoni. Cosa che porta la decisione ad essere presa dall’amministrazione di riferimento.
In merito a questo discorso, nella nota del Dipartimento della funzione pubblica numero 0047621 del 10 giugno 2022, si specifica che le amministrazioni devono prendere decisioni opportune alla concessione dei buoni pasto. Inoltre, si devono verificare tutti i criteri che legittimano la concessione ai dipendenti. Sempre tenendo bene a mente le norme che sono in essere sia dal punto di vista normativo sia sotto quello contrattuale.
Si aggiunge, tramite l’articolo 36 della legge 81/2017, che svolgere smart working non cambia di una virgola il rapporto di lavoro. Salvo casi in cui il contratto non si lega al rapporto a distanza. Quindi, il dipendente di norma anche da casa ha gli stessi diritti di un lavoratore in presenza.
Tutto, quindi, passa dalla decisione, che deve essere autonoma, delle amministrazioni pubbliche. L’Agenzia, però, specifica che il riconoscimento avviene solo in caso di lavoro da remoto. Questo ha fatto sorgere delle domande in merito al lavoro agile. Il motivo della domanda è dato dal fatto che per smart working si intende sia il lavoro da remoto che quello agile.
L’Aran, a tal proposito, ha specificato che la professione agile è il modo in cui si esegue un lavoro, senza orari o luoghi di riferimento. Mentre quello da remoto c’è un vincolo temporale e di spazio. Proprio questo vincolo, sancisce l’Agenzia, porta a dire che c’è riconoscimento per chi lavora da remoto.
La posizione dell’Agenzia è abbastanza netta e ci illustra come i buoni pasto per chi svolge un lavoro agile non siano possibili. Nel lavoro da remoto, c’è l’orario stabilito che non permette di approfittare della pausa pranzo. Cosa che è possibile per chi svolge un lavoro agile. La distinzione spazio-tempo più l’autonomia decisionale, però, creano delle situazioni che ad alcuni lavoratori non sono gradite. Cosa che porta questi lavoratori a presentare diversità dai privati.
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