Chi l’ha detto che le casalinghe non lavorano? Già da tempo è prevista una pensione anche per loro.
Un’equiparazione tra mansioni domestiche e vera e propria occupazione. Già da tempo, il Fondo per Casalinghe e Casalinghi ha messo a disposizione di una determinata (ma comunque nutrita) categoria di contribuenti la possibilità di un cumulo contributivo.
Si tratta, chiaramente, di una contribuzione su base volontaria. L’assegno previdenziale sarà calcolato in primis sulla base dei versamenti effettuati nel corso della propria vita lavorativa (termine naturalmente declinato all’attività domestica), potendo comunque contare sull’appoggio di eventuali contribuzioni legate a gestioni differenti. L’accesso al Fondo è garantito tramite apposite prerogative, da ottemperare al fine dell’ottenimento del trattamento pensionistico previsto. La gestione da parte dell’Inps garantisce comunque allo strumento una natura previdenziale, per la quale occorre opportuna iscrizione, oltre che una regolarità contributiva.
Il contesto poggia dunque su basi piuttosto solide. Negli anni è stata infatti decretata la necessità di riconoscere alla categoria delle casalinghe (che include naturalmente anche gli uomini) un’opportuna rendita pensionistica, proporzionata all’assenza di contribuzione versata per loro conto. Il presupposto di base, in pratica, è la contestualizzazione della figura della casalinga come di un soggetto che, per scelta o per necessità, concentra le sue forze nella cura della casa e della famiglia. E che, per questo, matura nel tempo il diritto a un trattamento pensionistico, impedito dalle circostanze nella sua regolarità lavorativa. A patto che il contribuente sia in grado di garantire una quota minima di versamenti.
Come detto, l’iscrizione al Fondo è il primo e più importante requisito di accesso alla pensione. Il contributo economico sarà erogato dall’Inps sulla base delle quote versate dagli iscritti, ai quali sarà comunque richiesta una quota minima al mese. La cifra sarà irrilevante, almeno ai ini pratici. Basterà produrre un’adeguata contribuzione mensile, sulla quale saranno eseguiti i calcoli ai ini dell’assegno pensionistico. In assenza di contribuzione, l’unica alternativa percorribile sarebbe quella dell’Assegno sociale, misura da circa 450 euro al mese, assegnata a coloro il cui reddito non superi quota 5.824,91 euro o 11.649,82 euro, in caso il richiedente fosse coniugato. Per quel che riguarda il Fondo casalinghe istituito dall’Inps, il focus principale riguarda chi, privo di un’attività lavorativa retribuita, concentra i propri sforzi sulla cura del contesto familiare e domestico.
Pur in assenza di quote minime obbligatorie, per il riconoscimento di un mese di contribuzione l’Inps considera valido l’importo base di 25,82 euro. L’accredito delle mensilità avverrà infatti dividendo la somma annuale per la suddetta cifra. Ad esempio, qualora il contribuente avesse versato 1000 euro di contributi, l’Inps accrediterà in tutto 12 mesi, ossia il massimo concesso, anche se la somma ottenuta dalla divisione (come in questo caso) a oltre tale soglia. È opportuno ricordare che la contribuzione aggiuntiva non sarà calcolata sulle successive annualità ma contribuirà a rendere più elevato l’importo della futura pensione.
In caso di somme inferiori alla quota minima prevista per l’accredito di una mensilità, la ripartizione avverrà comunque sulla base del medesimo importo. Qualora l’importo versato fosse di 300 euro, l’Inps accrediterà poco più di 11 mesi (11,6). La pensione ottenuta, a ogni modo, varierà in base al montante contributivo e al coefficiente di trasformazione. Una maggiore anzianità contributiva permetterà l’ottenimento di una percentuale più elevata.
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