Dopo la morte non sappiamo esattamente cosa ci sia, ma oggi sappiamo che i cervello non muore subito insieme al resto del corpo.
I risultati di uno studio, effettuati da un team guidato da un noto neuroscienziato della University of Michigan Medical School, suscitano numerose ipotesi e sicuramente saranno necessari approfondimenti.
Come riportato anche sulla Rivista PNAS, ciò che gli studiosi sono riusciti a misurare potrebbe dimostrare che il fenomeno della pre-morte è reale.
La classica “luce in fondo al tunnel” potrebbe dunque essere una risposta sinaptica alla fine della vita del resto del corpo, ma il fatto più interessante (o inquietante, a seconda delle opinioni) è che suddetta attività perdura anche diversi minuti dopo che il cuore ha cessato di battere. Ecco com’è andato lo studio e che conclusioni hanno raggiunto gli esperti in materia.
La ricerca sulle funzionalità del cervello continua ad andare avanti, ma ancora oggi abbiamo molte lacune. Pensiamo ad esempio ai meccanismi della Demenza o dell’Alzheimer, per le quali non esistono cure risolutive, dunque figuriamoci il riuscire a comprendere cosa accade nel cervello di una persona che sta morendo.
Nonostante ciò, alcuni scienziati hanno effettuato una ricerca, coinvolgendo dei pazienti che stavano avendo un infarto. Le parole di uno di essi lasciano letteralmente a bocca aperta, soprattutto chi non è abituato a immaginare eventi del genere:
Questo è forse il primo studio che mostra davvero che il cervello muore per secondo
Secondo Borjigin, coautore dello studio con il dottor George Mashour, direttore fondatore del Michigan Centro per la scienza della coscienza, il cervello rimane attivo, anche se il cuore si è già fermato. Numerose sono, da sempre, le testimonianze di chi ha provato la cosiddetta esperienza pre-morte, e questo studio sembra in qualche modo autenticare la loro veridicità.
I ricercatori hanno esaminato con l’elettroencefalogramma 4 persone che stavano morendo d’infarto, e ai quali stavano staccando i respiratori: 2 di loro hanno manifestato una scarica di onde gamma, che come ricordano gli scienziati “sono alcune delle onde cerebrali più veloci che puoi sperimentare“. Si manifestano ad esempio durante la fase profonda del sonno e mentre si sta sognando. .
La cosa strabiliante è che queste onde gamma hanno continuato a manifestarsi da 30 secondi fino anche a 2 minuti dopo la “morte cardiaca” del paziente.
Questo studio non è tuttavia l’unico effettuato in questo senso: già nel 2013, Borjigin e un gruppo di ricercatori hanno effettuato esperimenti sui ratti in arresto cardiaco e anch’essi avevano manifestato onde gamma per circa mezzo minuto dopo che il cuore si era fermato. Un altro studio simile è stato fatto l’anno scorso, su un uomo di 87 anni a cui è successa la stessa cosa dei topi e dei pazienti dell’ultima ricerca.
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